TTIP Bio combustibili

Bio-combustibili: tra diritto al cibo e materiali di scarto

“Qualsiasi scenario sotto il TTIP determinerebbe un aumento dei flussi commerciali e quindi la necessità di maggiori risorse […]. Le variazioni della produzione in alcuni settori potranno avere un impatto sull’ambiente, sia esso positivo e negativo”. Ciò è quanto emerge dal rapporto commissionato dalla Commissione Europea sull’impatto del TTIP. Il trattato basandosi su l’unica logica di regolamentazione riconosciuta dalle lobby internazionali, quale è il profitto, rischia di provocare gravi conseguenze per l’ambiente dovute
agli alti livelli di inquinamento e un uso improprio delle risorse naturali destinate all’aumento produttivo, commerciale e dei consumi.

Problemi: Oltre al fracking esistono altri settori strettamente legati all’ambiente che potrebbero essere impattati negativamente dal TTIP come l’agro-business per la produzione dei bio-

combustibili. L’aumento della domanda agroalimentare a fini energetici causata dai biocarburanti ha inciso sui prezzi agricoli, con conseguenze negative soprattutto per le popolazioni più povere. Nel 2007 l’inviato speciale Onu per il diritto al cibo, Jean Ziegler, definì la corsa ai cereali per produrre eco benzina “un crimine contro l’umanità”. La produzione di bio-combustibili a causa dell’alto rendimento economico, ha determinato la conversione di molti terreni passati dall’agroalimentare all’agrobusiness diventando immense distese spesso a monocoltura di mais, colza, soia e palma destinate alla produzione dei bio-carburanti. Inoltre anche se i bio-carburanti alterano meno rispetto al petrolio l’equilibrio di CO2 nell’atmosfera, tuttavia la metodologia di produzione è tutt’altro ecologica. Se si considerano i fertilizzanti e i pesticidi utilizzati per le coltivazioni, l’energia elettrica necessaria per estrarre le componenti naturali e il metanolo necessario per la reazione chimica l’impatto ambientale risulta distante da qualsiasi logica “green”.

STOP TTIP perché: Dai meeting istituzionali per il TTIP trapela l’indiscrezione secondo cui i negoziatori si stanno orientando verso l’eliminazione di standard obbligatori per la produzione dei bio-carburanti, concedendo la facoltà alle grandi corporation di scegliere discrezionalmente i criteri che permettono di individuare liberamente l’opzione tecnica che meglio soddisfa i bisogni dell’industria energetica. BusinessEurope, che rappresenta le corporation del petrolio europee al recente vertice economico europeo del 2013 a Bruxelles ha accusato la normativa ambientale europea di aver posto le imprese europee in una situazione di svantaggio rispetto ai loro concorrenti globali, ed ha evidenziato la “necessità di ridurre il differenziale UE-USA.”

La proposta: La scelta di produrre bio-combustibili non può tradursi nella riduzione del diritto al cibo e a un ambiente sano. Qualsiasi trattato che affronti il tema dei bio-combustibili deve assumersi l’onere di impegnare le parti a non sovvenzionare colture energetiche intensive non destinate ad uso alimentare, monoculture e processi di deforestazione. Si dovrebbe invece incentivare l’uso di tecnologie che producono bio-combustibili da materiali di scarto (grassi, rifiuti dei macelli, olio da cucina… ). Il concetto di libero commercio non può e non deve attuarsi in violazione del principio di precauzione e di sovranità alimentare, deve bensì impedire che qualsiasi attività pericolosa per la salute umana, animale o vegetale, ovvero per la protezione dell’ambiente sia posta in essere.

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