ESCLUSIVO. Veleni? Il compagno della Guidi ne parlava divertito col n. 1 di Total. E l’allarme sui rifiuti lucani fu lanciato pure da Eni, nel 2012. Ma senza ascolto.
Federica Guidi con il compagno Gianluca Gemelli.
«Minchia io mi diverto».
Gianluca Gemelli, compagno del ministro dimissionario Federica Guidi, ride spesso al telefono quando parla degli affari su Tempa Rossa, il progetto delle compagnie petrolifere Total, Eni e Shell tra Basilicata e Puglia su cui indaga la procura di Potenza anche per il reato di disastro ambientale.
E nel portare avanti il suo piano di pressioni per far passare l’emendamento che sbloccherà i lavori da 2,5 milioni di euro anche per la sua azienda, la Its, non disdegna altre risate sul rischio di inquinamento nella zona.
AL TELEFONO COL N.1 DI TOTAL. Lo annotano gli investigatori lucani quando Gemelli è al telefono con Giuseppe Cobianchi, il numero uno di Total Basilicata, il 23 ottobre del 2014.
Il compagno dell’ex ministro, indagato per per concorso in corruzione e millantato credito, lo spiega dopo aver incontrato il presidente della Regione Basilicata Marcello Pittella.
Prima ricorda un’«ira di dio di investimenti», poi per rilanciare la zona dice ridendo: «Guarda non ti preoccupare perché tanto non inquina».
- L’intercettazione tra Gemelli e Cobianchi.
COME DOPO IL TERREMOTO DELL’AQUILA. L’annotazione dei pm ricorda tanto le intercettazioni nell’inchiesta del 2010 sulla ricostruzione dell’Aquila dopo il terremoto, con l’imprenditore Francesco Maria De Vito Piscicelli che disse di essersi messo a ridere nel letto «perché non c’è un terremoto al giorno».
Neppure di possibilità di avere un ministro a disposizione ne capitano tutti i giorni.
Anche per questo Gemelli continua a ridere, pure quando ammette che per sbloccare il provvedimento ci sarebbe il lascia passare del ministro per le Riforme Maria Elena Boschi, ascoltata come persona informata dei fatti dai magistrati a palazzo Chigi.
DENUNCE ENI RIMASTE INASCOLTATE. Del resto a tutti, presidente del consiglio Matteo Renzi compreso, sembrano importare di più gli appalti e le opere piuttosto che la situazione ambientale dove sorgono i pozzi petroliferi.
Eppure da più di 20 anni Maurizio Bolognetti, segretario di Radicali lucani e corrispondente di Radio Radicale, insiste nel ritenere che in quella zona, già sismica, qualcosa non torni e ci siano dati fuori legge.
È curioso sottolineare – nel momento in cui emergono gravi ipotesi di reato e le indagini raccontano di dati sulle emissioni taroccati e di codici Cer (Codice Europeo Rifiuti) cambiati – che nel 2012 fu proprio Eni, dopo analisi di monitoraggio ambientale, a comunicare una serie di sforamenti sul fronte delle emissioni provenienti dal Centro Olio Val D’Agri (Cova).
LETTERA ANCORA NEL CASSETTO. Lo fece in un documento inviato al comune di Viggiano nel 2012. A rispondere fu la stessa amministrazione comunale, tramite il responsabile dell’area tecnica edilizia Antonella Amelina.
La lettera è rimasta nell’archivio di Bolognetti, esponente del Partito Radicale e dell’Associazione Luca Coscioni, autore di un’inchiesta e di un libro La mani nel petrolio.
Il Comune di Viggiano si diceva preoccupato per la salute dei cittadini
L’Eni ha sospeso la produzione petrolifera nel Centro Oli di Viggiano, in provincia di Potenza.
In quella risposta a Eni il Comune di Viggiano spiega al punto cinque: «In riferimento alla Vostra puntuale trasmissione dei dati relativi alle concentrazioni medie, orarie e giornaliere e dei parametri fisici e tecnologici degli inquinanti misurati in continuo nelle emissioni generate dai termo distruttori (E04/E04bis, E20), caldaie ausiliarie (E-12A, E-12B ed E-12C), hot oil (E03), caldaie a recupero (E-11A, E-11B,E-11C) e le portate convogliate alle torce (E-13, E-13bis, E-14, E-15) presenti presso il COVA, si sono riscontrati, nel corso di questo anno, numerosi superamenti sia di medie orarie sia di medie giornaliere e questo preoccupa molto la Nostra amministrazione che teme che ciò possa nuocere alla salute dei cittadini che vivono in quest’area. Sul piano giuridico tutto ciò si potrebbe, probabilmente, tradurre in un danno ambientale trattandosi appunto di superamenti dei limiti autorizzati dalla Regione Basilicata».
RAPPORTI ARPA RASSICURANTI. Bolognetti ne parlò pure in una conferenza stampa, ma rimase inascoltato.
D’altronde la Basilicata è la più grande riserva petrolifera italiana: qui si estraggono il 70,6% del petrolio e il 14% del gas del nostro Paese.
Nella sola Viggiano ci sono 20 dei 27 pozzi attivi della Val d’Agri. Una concentrazione non da poco.
L’Arpa Basilicata in questi anni ha censito nel lago Pertusillo la presenza di 21 metalli pesanti e le organizzazioni ambientaliste hanno segnalato concentrazioni di idrocarburi superiori ai limiti legali nel 70% dei campioni mandati ad analizzare.
Tuttavia i brevi (non sempre approfonditi) rapporti della stessa Arpa Basilicata sono tutti rassicuranti.
- La documentazione del Comune di Viggiano.
Idrogeno solforato 300 volte oltre il normale: malori fra i dipendenti
(© Ansa) Il centro Oli dell’Eni di Viggiano (Potenza).
L’ordinanza del Nucleo operativo ecologico dei carabinieri ha al centro l’ambiente, e il presunto disastro ambientale contestato a Eni è l’accusa più solida e rilevante della procura di Potenza.
Non c’è stato infatti bisogno del governo per cambiare la classificazione dei rifiuti da pericolosi (i cui costi variavano a seconda degli operatori da 40 euro a tonnellata a 90 euro a tonnellata) a non pericolosi (al costo di euro 33,01 per tonnellata).
A preoccupare sono soprattutto le emissioni di idrogeno solforato, elemento che in prossimità di impianti come quello dell’Eni di Viggiano può trovarsi in concentrazioni di circa 300 volte il normale.
Eppure da qui, annotano gli inquirenti, le fughe «avvengono con una certa frequenza» e durante le indagini si sono verificati diversi malori tra i dipendenti per l’inalazione proprio dell’idrogeno solforato.
LIQUIDI INQUINANTI REINIETTATI. Così, con la complicità delle ditte incaricate dello smaltimento dall’Eni di Viaggiano, secondo gli investigatori del Noe sono stati reiniettati in un solo anno 854 mila tonnellate di liquidi inquinanti.
Anche per quanto riguarda le emissioni in atmosfera gli investigatori e i pm hanno rilevato alcune presunte irregolarità.
«UNA CONDOTTA FRAUDOLENTA». «Sulla scorta di quanto emergeva inequivocabilmente dalle intercettazioni», scrivono gli inquirenti, «i vertici del Centro Olio Val D’Agri dell’Eni decidevano deliberatamente e in diverse occasioni di comunicare agli organi pubblici di controllo l’avvenuto superamento dei parametri, usando una condotta fraudolenta consistente nel fornire una giustificazione tecnica non corrispondente al vero e diversa da quella (effettiva) utilizzata nelle precedenti comunicazioni. Tanto, al fine evidente di nascondere le reali cause del problema e celare le inefficienze dell’impianto».
Da qui derivano anche le false comunicazioni agli enti controllori, nonostante le segnalazioni del software che in automatico via sms informa gli interessati degli sforamenti. Proprio quei messaggi su cui gli indagati si sono fatti qualche grassa risata.